Tubercolosi: il ritorno di un vecchio nemico

La tubercolosi è un’infezione batterica che si sviluppa principalmente nei polmoni, ma può verificarsi anche in sede extrapolmonare, ed è causata dal Mycobacterium tuberculosis. Questo batterio ha la forma di un bastoncello con una parete cellulare di tipo gram-positivo insolita, a causa dell’elevato contenuto lipidico. Tra questi, l’acido micolico protegge i batteri dall’uccisione da parte dei fagociti ed evoca una potente risposta infiammatoria. Come la gran parte dei microrganismi patogeni respiratori, il M. tuberculosis penetra nei polmoni per inalazione di piccole goccioline liquide che consentono al batterio di bypassare la difesa delle cellule ciliate. Nel polmone, il batterio incontra i macrofagi alveolari dai quali viene inglobato, senza tuttavia essere ucciso, e nei quali si moltiplica causandone la morte. La continua replicazione nell’area polmonare attrae un numero sempre maggiore di cellule fagocitarie come anche altre cellule del sistema immunitario.

Nonostante l’incapacità di controllare l’infezione, tuttavia i macrofagi preservano nel loro tentativo infliggendo un danno considerevole al tessuto indotto dalla liberazione di sostanze tossiche. Come conseguenza, viene a formarsi un’area di tessuto necrotizzante circondato da uno strato di macrofagi e altre cellule del sistema immunitario. Questa lesione specifica viene definita tubercolo che quando va incontro a delimitazione e calcificazione viene detto granuloma. Per questo motivo la tubercolosi è classificata come una delle condizioni infiammatorie granulomatose.

Il granuloma, oltre ad impedire la diffusione dei micobatteri, produce un microambiente che assume l’aspetto e la consistenza del formaggio (necrosi caseosa); dentro al granuloma, i linfociti T producono citochine che provoca un tentativo di distruzione da parte dei macrofagi dei batteri fagocitati, senza però riscontri significativi (i Mycobacterium tuberculosis sono resistenti agli enzimi killer dei polimorfonucleati). I linfociti T possono anche uccidere direttamente le cellule infette. Come risultato si può instaurare un’infezione latente in cui i batteri non vengono sempre eliminati all'interno del granuloma, ma diventano dormienti. Può anche succedere che, nella forma più grave di tubercolosi dove la risposta immunitaria non è in grado di controllare la crescita batterica, la parte interna del tubercolo va incontro a colliquazione e i batteri fuoriescono. A questo punto il M. tuberculosis può penetrare nel torrente circolatorio e diffondere in altri organi del corpo. Se non trattata, questa forma della malattia presenta un tasso di mortalità del 50% o più, fra gli adulti.

Prima degli anni 50 rappresentava la causa primaria di sofferenza e morte nelle persone di qualsiasi età, ma durante gli anni ’50 e ’60, in tutti i paesi sviluppati, è stata condotta una efficace campagna volta alla eradicazione della tubercolosi e questo ne ha portato al crollo dell’incidenza in tutti i Paesi sviluppati. Attualmente circa un terzo della popolazione umana è infetta da Mycobacterium tuberculosis. Nei paesi in via di sviluppo, la tubercolosi è una malattia estremamente comune, soprattutto laddove il sovraffollamento e una scarsa nutrizione creano le condizioni ottimali per la sua diffusione. Pertanto è possibile definire i Paesi sviluppati come piccole isole relativamente prive di tubercolosi in un mare di persone affette dalla malattia.

Nel mondo d’oggi sono ormai diventati sempre più frequenti i viaggi su lunghe distanze, e i turisti, ma non solo, si spostano liberamente dentro e fuori i Paesi sviluppati. In particolare, il fenomeno dell’immigrazione è un fattore determinante nello scoppio di nuovi contagi nei Paesi sviluppati, visto che gli immigrati sono per lo più ignari di avere la malattia.

La terapia standard per gli individui affetti da tubercolosi in forma attiva consiste nell’associazione di almeno tre antibiotici. I quattro farmaci antitubercolari di prima scelta sono: isoniazide, etambutolo, rifampicina e pirazinamide (Tratto da Microbiologia. Abigal A. Salyers & Dixie D. Whitt. Zanichelli. 2002).